Noi raccontiamo Emozioni e ci piace incontrare personaggi e piloti che hanno regalato e continuano a regalare emozioni agli appassionati del mondo a due ruote. Siamo pertanto onorati di pubblicare su queste pagine l’intervista fatta al pilota che più di ogni altri rappresenta un numero. Il numero che incarna emozione, fantasia e talento: il 34.
Tanti hanno sognato di diventare come questo pilota, bambini e ragazzi che mettevano il suo adesivo sulla moto e indossavano il casco replica, sono gli stessi che magari da adulti hanno chiamato il loro figlio con il suo nome, quello del più grande funambolo del motociclismo. Un grandissimo onore far qualche domanda a uno dei campioni più amati di sempre Kevin Schwantz.
Buongiorno Kevin, prima di tutto grazie per la disponibilità. Noi raccontiamo di moto ed emozione e vogliamo iniziare con il chiederti quali sono le emozioni che vivi quando vedi tutte queste manifestazioni di stima e affetto nei tuoi confronti, dal semplice adesivo con il tuo numero fino alle repliche dei tuoi caschi?
Non mi rendo conto di tutto questo, ma è davvero speciale vedere qualcuno che indossa la replica del mio casco o guida una moto coi miei colori. Tutte queste manifestazioni mi fanno capire che i fan e gli appassionati hanno compreso quello che ho dato a questo sport.
Cioè quanto ritieni di aver dato al motociclismo?
Ho sempre dato tutto, il 100%. Ad iniziare da quando correvo in pista fino a quando ho lavorato coi giovani, o anche promuovendo le gare, ho sempre dato il 100%.
Il tuo nome e le tue imprese sono associate sempre alla Suzuki.
Hai mai pensato di cambiar moto e c’è stata mai qualche reale possibilità ?
Si, ho cercato di andare in Yamaha alla fine della stagione ’89 e ho avuto una piccola negoziazione con la Honda a fine ’91.
Il tuo nome è associato ad un’altra grande persona del nostro sport, Wayne Rainey. Come hai vissuto il suo infortunio e in qualche modo ha condizionato il proseguo della tua carriera?
Non so dirti se quello che gli è successo mi abbia condizionato, certamente assistere a quello che gli è capitato mi ha scosso molto. Comunque da quando si è ritirato vederlo motivato e coinvolto nell’ambiente mi ha reso felice. Gareggiare senza Wayne era comunque diverso, cercare di batterlo per me è sempre stata una grossa motivazione.
Dopo 18 anni senza gare sei tornato nelle competizioni di primissimo livello e hai scritto un’altra incredibile capitolo della tua storia, mi riferisco al terzo posto alla 8 ore di Suzuka dello scorso anno ed oggi ancora schierato al via. Dove hai trovato la forza e le motivazioni per tornare in pista ?
Guarda non è molto difficile trovare le motivazioni per gareggiare se puoi contare su un team di primissimo livello e come compagni piloti come Kagayama e Haga. La grossa motivazione è venuta dal vedere questi due ragazzi che mi volevano in squadra con loro. Conoscevo Kagayama da quando era tester per la Suzuki 500 nel ’92-’93. Quando mi hanno detto della possibilità di gareggiare insieme a lui e a Haga in una gara così prestigiosa ho detto subito di si. Le motivazioni non sono state difficili da trovare.
In quell’occasione indossavi un casco particolare, non i tuoi soliti colori e la tua solita grafica ma la replica del casco di Rainey. Un omaggio o volevi comunicare qualcosa di diverso?
Volevo solo mostrare rispetto.
Hai scritto pagine indimenticabili della storia del motociclismo da Suzuka ’89 alla famosissima staccata di Hockenheim. Quale fra le tue tanti imprese ti ha dato maggiori emozioni?
Sia la prima che l’ultima, così come la ventitreesima nel mezzo. Sono tutte speciali. Se dovessi sceglierne una, quella che forse si distingue più delle altre penso sia la vittoria del campionato del mondo.
“Aspetto che il panico cresca, quando la paura si trasforma in celestiali visioni, allora inizio a staccare”, una volta hai definito così il tuo staccare al limite. Per te la staccata è la parte più emozionante di una gara ?
Può essere la più eccitante, quella che ti fa vincere una gara. Io ho guidato una moto con un grande assetto e con un validissimo impianto frenante ma che sicuramente non aveva il motore delle altre e la stessa velocità, per far la differenza dovevo per forza tardare al massimo la staccata.
Hai gareggiato a Macau, una delle piste più pericolose al mondo. Hai qualche ricordo di quella esperienza ? Cosa ti ha spinto ad andar fin laggiù?
Sinceramente non ricordo, è passato tanto tempo. E’ una di quelle cose che si fanno da ragazzi, non ho idea del perché ci sono andato, probabilmente mi sembrava una grande idea. Era una cosa facile da fare, ero l’unico con una 500 2 tempi ma ricordo di non aver mai esagerato e di essere stato piuttosto cauto, avevo ben impresso il ricordo di Ron Haslam e altri sfortunati ragazzi vittime di quel tracciato.
Molti affermano che le vere moto da gran premio sono le tue 500 2 tempi senza elettronica. Cosa pensi delle attuali motogp?
Senza dubbio l’elettronica aiuta moltissimo. Per alcuni questo vuol dire che sono facili da guidare, ma io non la penso così. Forse l’azione dell’elettronica le rende più governabili ma è solo una questione legata all’ evolversi del tempo. Se tutta questa evoluzione ha fatto meglio o peggio, se sono più uomini adesso o sono più femminucce questo non lo so. Le moto dei miei tempi erano diverse, non andavo oltre le 200 mph mentre ora toccano le 220-225 negli stessi tracciati e in altri fanno ancor di più. Fisicamente ora pesano di più, 145-180 Kg. contro le nostre 115-130. Sicuramente oggi diventa più importante gestire peso e velocità. I freni sono migliorati tantissimo. Tutte le diversità che ci sono, dall’elettronica assistita con il lauch control al controllo di trazione e tutte le altre diavolerie sono necessarie per una moto da oltre 200 mph da governare in uscita di curva. Io ho molto rispetto per tutti i ragazzi che gareggiano in tutte le classi della motogp e della Superbike.
Parlando di paragoni…hai provato la Suzuki motogp 2015, come ti è sembrata e quali sono le principali diversità rispetto alla tua mitica RGV 500?
Speravo più che altro che fosse più semplice da guidare. La potenza nell’uscita di curva gestita dall’elettronica che impediva di sbacchettare, l’impennata controllata. Intendiamoci, ero a meno di 10 secondi dai migliori tempi, ma guidare una 500 2 tempi era davvero difficile in qualsiasi situazione, sia in tracciati lenti che veloci mentre con le motogp attuali sono più semplici da gestire.
Il fatto che rispondeva alle mie pinzate, e il modo con cui entrava in curva, che mi dava sicurezza nello staccare al limite mi ha fatto ricordare molto la mia ultima Suzuki da gran premio. Mi sono davvero divertito.
Sappiamo cosa pensi di Marquez, da quando ti sei ritirato dalle gare dopo di te abbiamo visto altri piloti emozionali come Rossi, Stoner, Lorenzo e Simoncelli. C’è qualcuno in cui rivedi il tuo stile e il tuo approccio alla gara?
Ci sono state alcune persone che hanno associato il mio nome a quello di Jack Miller, come stile di guida. Dar gas ogni giro e ogni curva. Dopo la sua vittoria ad Austin l’ho sentito e gli ho detto che sembra avere lo stile alla Schwantz o qualcosa di simile. Penso che Jack sia il ragazzo nuovo, ma ci sono tanti altri ragazzi che guidano con il cuore.
Penso che questa sia la caratteristica che per me ha fatto la differenza rispetto ad altri. Molti piloti hanno guidato con la testa o pensando ai soldi. Io volevo vincere, essere veloce ogni giro e fare la pole ogni gara.
Questo approccio forse non è stato il più intelligente ma è stato il modo con cui ho scelto di fare le cose. Difficilmente un team manager accetta una caduta quando hai 5 secondi di vantaggio sul secondo e tu vuoi portarli a 6 ma se poi alla fine da questi errori trai degli insegnamenti la settimana successiva l’episodio è già dimenticato.
Tornando a prima dopo Jack, la moto 2 è un campionato molto stretto ed è difficile individuare un pilota. Nella Superbike il mio numero è usato da Davide Giugliano e penso stia facendo un ottimo lavoro e rappresenti bene il 34. E’ sempre emozionante per me vederlo in gara.
Cosa pensi della tua carriera? Probabilmente avresti potuto vincere molte più gare e forse anche qualche titolo in più.
Certamente ci sono gare che rifarei in modo diverso se potessi tornare indietro. Gare in cui ho fatto errori ma, come ho detto prima, se dai tuoi errori trai insegnamenti allora è giusto che tu compia quegli errori. Io ho gareggiato a livello professionistico per meno di 10 anni e i risultati vengono per quello che si è fatto. Penso di aver fatto bene.
I 5 piloti più grandi della storia?
Hailwood, Agostini, Sheene, Roberts, Rossi.
Com’è cambiato il paddock da quando quando gareggiavi a ora?
Non si vedono più i piloti uscire e far cose tra loro. Prima il paddock era un posto divertente, oggi che c’è più pubblico, più mediaticità e i piloti stanno chiusi nei loro motorhome o nello loro hospitality. Il paddock per noi è stato il luogo dove ci siamo divertiti di più: quando con le nostre bici facevamo il giro della pista, prima di andare a cena o la domenica dopo la gara a festeggiare. Poi guidavamo anche il nostro motorhome fino alla pista successiva. Ora quasi c’è la corsa a chi sale per primo sull’elicottero la domenica sera. Non c’è quello spirito che c’era ai nostri tempi, quel cameratismo da paddock che poi ti porta ad avere anche rispetto in pista. Oggi tra i piloti non c’è lo stesso rispetto che c’era tra noi, in gara noi spesso lasciavamo lo spazio per gli avversavi, oggi invece alcuni si appoggiano anche quando non c’è bisogno, con episodi ai limiti della correttezza.
Il paddock non è più il posto divertente che era prima.
Cosa pensi della DORNA?
Se il proprietario della Motgp e il proprietario della SBK sono lo stesso soggetto significa che il mondo della competizioni è stato”preso per il collo”. Penso stia facendo un buon lavoro. Ci sono alcune cose che vorrei chiedere ma non è questa la sede. Se mi vogliono io sono qui.
Cosa pensi della MOTO2 rispetto alla 250 e la MOTOGP rispetto alla 500?
Naturalmente penso che il 2 tempi sia la vera moto da competizione. Se poi i piloti della mia generazione, quelli che le han guidate siamo più grandi questo è un argomento di lunga discussione. Comunque guidare una 125, 250 o una 500 quando tutto era al meglio, tutti avevano lavorato bene per metterla al meglio, quelle moto erano il massimo, niente di paragonabile ad oggi. Sicuramente non con una attuale motogp e tanto meno una moto2. Forse la moto3 potrebbe avvicinarsi alla 250, se si continua a lavorare in quella direzione. Però la leggerezza e precisione di una 250 e alcune delle caratteristiche della 500 si possono ritrovare anche nel motore 4 tempi. Sono ancora le gare dal più alto livello al mondo e resta un grandissimo sport anche divertente da guardare.
Qual è il tuo punto di vista sul monogomma e del monomotore Honda in moto2?
Penso che la competizione sul versante gomme e motori porti benefici allo sport. Quando ci sono diversi marchi che cercano di fare il possibile per offrire un buon prodotto la competizione non può che migliorare. Hanno fatto questa scelta per una questione di risparmi e di contenimento di costi? Penso che se la scelta è stata fatta per questo motivo hanno di fatto ridotto la competizione tra le classi. Forse la soluzione migliore era quella degli ultimi anni con la possibilità di scelta tra due fornitori, teniamo presente però che Bridgeston uscirà nel 2015. Per me sarebbe meglio se si aprisse il mercato a tutti, ne gioverebbe solo la competizione.
Sappiamo della tua nuova attività, la Schwantz school, che tipo di valori e insegnamenti vuoi trasmettere ai tuoi allievi?
Guidare in condizioni di sicurezza. Insegno ai miei allievi ad andare in pista ma non a diventare dei piloti. Quello che sto insegnando è frutto dei miei 50 anni di esperienza nel mondo del motociclismo. Insegnamenti da usare la moto sia in circuito che in strada, è la stessa tecnica. E’ la consapevolezza visiva, il controllo della moto che ti rende un pilota sicuro, questo è il mio obbiettivo principale.
Per chiudere, ringraziando ancora per la disponibilità, vorremmo chiedere che emozione vorrebbe vivere Kevin Schwantz oggi?
Ogni volta che salgo sulla moto per me è emozione e mi diverto.Quello che mi piacerebbe è continuare a guidare a livelli competitivi.
Grazie a un mito vivente del motociclismo, semplicemente il 34.
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