Tanti sono i piloti che hanno avuto un destino avverso e per questo non hanno mai potuto esprimere appieno tutto il loro valore, uomini che se avessero avuto miglior sorte avrebbero incrementato il loro bottino di vittorie e titoli.
Molti di questi campioni sono state vittime del TT, la competizione su strada più pericolosa al mondo. L’isola di Man, quella dei folletti dispettosi e dei gatti senza coda, il 25 agosto 1966 segnò la fine della carriera sportiva di uno dei più forti ed amati centauri italiani, Tarquinio Provini.
L’edizione di quell’ anno fu particolare perché per via dello sciopero dei portuali delle imbarcazioni che da Liverpool arrivavano a Douglas gli organizzatori si videro costretti a posticipare al mese di Agosto (rispetto alla tradizionale prima settimana di Giugno) la manifestazione. Fu così che nell’ “isola maledetta” si crearono condizioni particolari, inconsuete, modificando di fatto il tracciato e creando difficoltà anche per chi come Provini del TT era un veterano.
Quelle nuove condizioni, l’orario delle prove fissato per le 05.30 del mattino, un tratto di circuito investito in pieno dall’abbagliante luce del sole che si alzava dal mare, il cartello che gli organizzatori misero in quel tratto “Beware the Sun”(attenzione al sole) non compreso da Provini lanciato con la sua Benelli 500 quattro cilindri ad oltre 200 chilometri all’ora, furono le cause che provocarono l’incidente. Per anni questa fu la versione della ricostruzione dell’ incidente, ma fu lo stesso Provini che successivamente la smentì e chiarì quali furono i reali motivi che lo provocarono e che riporteremo a chiusura di questo articolo. Tornando all’incidente, l’urto sull’ asfalto fu tremendo, eppure Tarquinio restò vigile ed invocò con la mano che qualcuno dei corridori sopraggiungenti si fermasse. Ne passarono alcuni, compresi i big tra cui riconobbe Hailwood, ma nessuno si accorse di lui o si volle fermare. Solo dopo molto tempo fu soccorso e per lui inizierà il calvario degli ospedali con tutte le sofferenze del caso.
Da quel giro di ospedali uscirà un uomo diverso, segnato profondamente nel fisico che da quel momento non potendo più pilotare una moto da corsa si dedicò negli anni successivi, alla sviluppo della sua azienda, specializzata in costruzione di modellini di moto, la Protar (Pro-vini Tar-quinio).
Provini, uno dei piloti più forti di sempre era un tutt’uno con la moto cui trasmetteva tutta la sua carica vitale. Era inoltre dotato di una sensibilità spaventosa, sapeva indicare ai meccanici il comportamento anomalo di un pezzo che era prossimo alla rottura, cosa che spesso si traduceva in nottate passate a lavorare su particolari e migliorie che potevano sembrare irrisorie sulla prestazione finale del mezzo, ma che influivano poi sul risultato finale delle gare. Una continua ricerca del miglioramento, una pignoleria che lo portava anche a forare il tacco degli stivali per guadagnare qualche grammo… Provini sembrava nato per guidare una moto: stile, fantasia, imbattibile sotto la pioggia e un cuore grandissimo da combattente.
Per capire l’uomo Provini e l’alchimia vitale che viveva con la moto, come fosse una sua protesi naturale, basti citare l’episodio del ’72 ad Imola, all’apertura della 200 miglia, nella “sfilata delle vecchie glorie”. Gli venne affidata la Benelli quattro cilindri, quella che non guidava dal terribile incidente al TT lui, con 40 chili in più rispetto all’ultima volta che ci salii, vestito di flanella e indossando un vecchio casco a scodella che gli andava stretto, si buttò nei curvoni con una foga che fece alzare in piedi tutto il pubblico per applaudirlo. Al ritorno in pit-lane sotto gli occhiali, delle copiose lacrime stavano bagnando quel grande viso, specchio di un grande amore troppo presto interrotto.
Tarquinio Provini (29 maggio 1933- 06 gennaio 2005) nacque a Roveleto di Cadeo, vicino a Piacenza, debuttò a soli sedici anni in una gara a Fiorenzuola d’Arda con un Alpino 48 dove vinse ma fu squalificato perchè non ha la licenza e l’età per gareggiare. L’anno sucessivo si ripresenta con il documento dello zio cui aveva sostituito la fotografia, e vince ancora. Verrà però scoperto e ancora squalificato.
La stagione che lo consacrò come futuro campione fu il 1953 dove nella terza categoria vinse tutte le gare cui prese parte, meritandosi il passaggio in seconda categoria, dove rimase solo per metà stagione per poi passare in prima. Lì otterrà un bel secondo posto in sella alla Mondial del conte Boselli nella gara di campionato italiano a Monza, meritandosi così la possibilità di gareggiare nell’ultima gara di campionato del mondo a Barcellona.
Al debutto nel campionato mondiale incredibilmente vinse e fu cosi che tutto il mondo si accorse della grandezza di quel ragazzo dai capelli neri e dal naso aquilino che sembrava nato per guidare la moto.
Nel 1954 conquistò anche il Motogiro dove in una tappa disputatosi in mezzo ad una tormenta recuperò l’ora di svantaggio rispetto al leader di classifica Venturi.
In quello stesso anno un episodio curioso: la MV si accorge di lui e lo vuole come pilota. Lui si reca a Gallarate e firma il contratto. Ad inizio stagione però si ritrova con una MV Squalo praticamente di serie rispetto alle moto ufficiali degli altri piloti MV. Alla prima gara lascia la moto parcheggiata in griglia, si reca dal conte Agusta a contestargli questo trattamento ed impugna il contratto. Lo considera di nessuna validità perché ancora minorenne (allora la maggiore età si conseguiva a 21 anni).
Nel 1955 sempre in sella alla Mondial conquistò la coppa Shell di Imola e vinse il campionato Italiano classe 125cc. L’anno successivo primeggiò ancora nel campionato italiano nella classe 175cc e nel 1957 vinse il campionato italiano nelle categorie 125cc e 250cc.
La classe di Provini fu indiscutibile e fa specie che dovrà attendere fino al 1957 per gareggiare costantemente all’estero e nel campionato mondiale. Prima di quell’anno le sue apparizioni fuori dall’Italia furono solamente due: nel 1955 al TT dove cadde (la leggenda narra che si infilò in prova in una cabina del telefono) e nel 1956 alla Solitude dove finì terzo dietro a Romolo Ferri su Gilera e Carlo Ubbiali su MV.
L’impresa che lo consegnerà alla storia sarà il titolo mondiale classe 125 conquistato con la Mondial nel 1957 dove piegò le 2 MV di Ubbiali e Taveri e tutti gli altri piloti chiamati dal Conte Agusta a contrastare quel pilota dotato di tanta classe, coraggio e tenacia.
L’avventura con la Mondial terminò in concomitanza con il patto di astensione che portò all’abbandono anche di Gilera e Guzzi e così per il 1958 Provini firmò per la MV, non prima però di aver avuto rassicurazioni sulla parità di trattamento fra i piloti.
La prima stagione in MV si concluse con Provini campione mondiale nella classe 250cc e Ubbiali campione mondiale nella 125cc.
Non bastò l’accordo sulla parità di trattamento a placare gli animi tra i due piloti della Mv, tra loro si creò una accesa rivalità che richiedeva l’intervento del Conte Agusta per mitigare un esagerato antagonismo.
Nella stagione successiva, nonostante fosse davanti in entrambe le classi, non ricevette nessun aiuto dalla MV, cosa che avvenne invece a favore del rivale: per le ultime gare stagionali nella 250cc ad Ubbiali venne affidata la nuova bicilindrica mentre a Provini venne lasciata la monocilindrica. Provini si sentì tradito anche in virtù del fatto che fu lui che nell’inverno del ’58-’59 che testò il bicilindrico successivamente affidato ad Ubbiali. In quell’anno arrivò secondo in entrambi i campionati mondiali ma vinse ugualmente il titolo italiano nella 250 cc.
Abbandonata la Mv dal 1959 fu impegnato con la Moto Morini con cui restò legato fino al 1963. Con la Morini disputò grandi gare ma ebbe anche un serio incidente a Spa- Francorchamps in cui si ruppe l’osso del collo, ma con la determinazione e caparbietà che lo contrastingueva, venne rinominato nel corso degli anni “Il Toro di Bologna” ad indicare la testardaggine dell’animale e la sua città di adozione, seppe ritornare ai vertici. Con la piccola monocilindrica bolognese disputò un grande campionato mondiale contro la corazzata Honda e la sua quattro cilindri. Un grande campionato quello del 1963 perso contro la Honda di Redman per un solo punto, sfumato solo per una serie sfortunata di coincidenze: la mancata partecipazione al TT dove aveva già vinto 4 volte, al gp della Germania est per motivi di visto, la caduta di Robb in Olanda che lo coinvolse nell’incidente, cui fece seguito un’incredibile rimonta che lo portò dall’ ultimo posto al secondo ed infine una terribile otite che pregiudicherà la prestazione all’ultimo Gp della stagione a Suzuka .
A fine 1963 firmò per la Benelli, dopo aver ricevuto risposta da parte del Cav. Morini che per l’azienda la priorità era il mercato italiano e non interessavano le partecipazioni alle gare estere.
La Benelli era una moto in fase di sviluppo e grande aiuto sarà dato da Provini che vedrà accumulato il suo nome a questa moto non tanto per i successi (riuscì comunque a far suo il titolo italiano 250 nel 1965 e vincere una gara memorabile sotto la pioggia a Monza in cui battè Read e Ivy) ma per il pauroso incidente patito al TT che di fatto ne chiuse la carriera. La verità sull’ incidente del TT raccontata da Provini fu che, durante le prove il giorno prima la sua Benelli aveva grippato un cilindro, si decise cosi di tagliare una biella, e far andare il motore a tre cilindri.
Il giorno successivo il motore anche se con un cilindro in meno sembrava andare molto bene ma, durante una staccata, si aprì l’occhio della biella tagliata che finì nel cambio bloccandolo. Provini raccontò di aver tirato la frizione ma, che solo la rottura della catena avrebbe potuto evitare il bloccaggio della ruota, cosa che però non avvenne… Cosi Tarquinio Provini divenne un’altra vittima, questa volta non in maniera vitale ma solo agonisticamente parlando, di quel tracciato in cui non è concesso sbagliare e dove anche una disavventura meccanica può essere fatale.
Due titoli mondiali, undici titoli italiani, tante vittorie, ma meno di quelle che avrebbe potuto conquistare.Tarquini Provini il “toro di Bologna”, una persona che portò sempre avanti le sue idee con onestà e inflessibilità, uno che non accettava compromessi, un pilota tutto coraggio ed aggressività che entrò nella leggenda del motociclismo ed ancora oggi a distanza di anni si ricordano le sue incredibili vittorie e le gesta.
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