Parlando di Jarno una frase viene immediata “Chissà dove sarebbe arrivato se….” Perché ci sono persone che hanno un dono e sembrano nate per fare quella cosa, e lui era una di quei privilegiati cui la natura aveva dato un talento straordinario per eccellere in un ambito e in maniera naturale. Jarno era nato per guidare e per fare il corridore di moto.
Non era solo questione di vittorie o dell’andar forte, Jarno è stato un innovatore nell’intendere la guida ad alta velocità. Il suo approccio alle gare e la sua guida anticiparono di anni i campioni venuti gli anni successivi e rappresentarono il punto di rottura tra il motociclismo romantico e quello moderno. Era un personaggio atipico, un uomo di cultura in un mondo il cui tasso d’istruzione all’epoca era certamente basso, ma modesto ed umile tanto che quando ottenne l’ingaggio come pilota ufficiale continuò a vagabondare per i circuiti con furgoncino e carrello porta moto al seguito. Esigeva manubri bassi e spioventi per assumere la sua posizione tipica che lo vedeva avvolto ad avvinghiare la moto con le braccia ma tenendo le ginocchia divaricate in fuori, stile ripreso poi da un altro marziano, Kenny Roberts, e da tutti gli altri piloti negli anni successivi. Jarno si concentrava con la guida sull’avantreno lasciando che il retrotreno derapasse. Uno stile unico, così come il suo modo di essere e di approcciarsi alle gare. Una freddezza disumana e una lucidità in corsa in antitesi al suo modo di essere giù dalle moto. Un compagno di avventure e “bevute” che lo fecero ben volere da tutti i personaggi del circus. Un ragazzo che amava la compagnia, far bisboccia, tirar tardi la sera parlando di moto e gare, ma l’indomani nel giorno della corsa si presentava al via riposato e lucido senza nessun postumo.
Jarno Saarinen nacque a Turku (Finlandia) l’11 dicembre 1945, era il maggiore di tre fratelli che, orfani di padre, si occupavano di un’impresa di pompe funebri. Jarno si laureò nel 1970 in ingegneria meccanica e la sua ambizione era lavorare come progettista di motori da corsa, in qualche importante azienda motociclistica.
Con le moto inizia a gareggiare per hobby nel 1963 e prende parte a qualche gara sul ghiaccio in Svezia e Finlandia, dove mette a punto la sua tecnica di guida . L’abilità acquisita nel controllo del mezzo su questo terreno, lo renderà imbattibile nelle gare su strada con l’asfalto bagnato. In quegli anni le corse sono un piacevole passatempo, che si ritaglia durante gli studi. Abbandonerà il ghiaccio per l’asfalto nel ’65 cogliendo subito vittorie. Saranno 6 i titoli nazionali conquistati con un’artigianale Tunturi-Puch 125 monocilindrica e con Yamaha nella 250 e 350, tutte moto a due tempi che elabora personalmente in maniera minuziosa.
Il debutto nel mondiale arriverà nel 1970 a ventiquattro anni, gareggia con la Tunturi-Puch nella 125 e nelle 250 con la Yamaha. Inizia per Jarno la vita da nomade in giro per l’Europa, carica le moto sul carrello e con furgone e la moglie Soili (la classica bellezza nordica, bionda e con un sorriso disarmante) inizia a girare i circuiti. Jarno non ha meccanici con sé, si arrangia e fa tutto da solo con l’aiuto di Soili.
Al GP d’Austria, non valevole per il campionato del mondo, è quarto e con la Puch otterrà un’importante vittoria in una gara di salita ottenendo il record assoluto. Sul versante motomondiale coglierà un sesto posto nella gara di esordio al Nürburgring, un quarto a Le Mans in Francia, in Jugoslavia sul circuito di Abbazia e Belgio e salirà sul terzo gradino del podio ad Assen e a Brno. Questi risultati sono ottenuti completamente da privato, con poche disponibilità economiche, basti dire che quando ruppe nel gran premio di casa ad Imatra la sua Yamaha dovette interrompere il mondiale perché non aveva soldi a sufficienza per i pezzi di ricambio. Il bilancio della stagione d’esordio, come privato senza assistenza e in cui dovette saltare le ultime quattro prove del mondiale è comunque di un quarto posto nella classifica finale. Un risultato impressionante, che non lascia indifferenti in cui mette in mostra incredibili doti di pilota e grandi capacità di preparatore/meccanico.
Per la stagione 1971 il concessionario Yamaha finlandese decide di affidagli una 250 e una 350. Nella 350 l’inizio di stagione è in sordina per causa di qualche guasto meccanico che gli impedisce di esprimere il suo talento. Nella seconda parte della stagione arriverà la prima vittoria nella 350 a Brno e sarà terzo in Svezia, secondo ad Imatra e otterrà la seconda vittoria in una memorabile edizione del GP delle Nazioni in cui riesce a vincere, su una pista assolutamente inadatta per la sua Yamaha, grazie ad un sorpasso compiuto all’uscita della parabolica sulla MZ di Grassetti. Nonostante non abbia preso punti in sei gare sarà secondo nella classifica di campionato del mondo. Nella 250 sarà terzo in classifica dopo aver ottenuto tre su podi ed essere riuscito a vincere l’ultima gara a Jarama davanti alle due Yamaha di Read e Mortimer.
Le premesse per la stagione ’72 sono ottime e Jarno sembra rappresentare il nuovo , il suo stile di guida lo porta a diventare un idolo tra gli appassionati. Il mondiale inizia con quattro gare distanziate di una sola settimana l’una dall’altra: alla gara di apertura a Nürburgring è terzo nelle 250 mentre nella 350 s’impone su Agostini che non aveva conosciuto sconfitta, guasti a parte, dai tempi di Hailwood. Ripeterà le vittorie in questa classe anche in Francia a Clermont Ferrand incrementando il distacco sul campione italiano, che nella precedente gara fu di 5 secondi ad oltre 26’’. Nella 250 è ancora terzo. La terza prova del mondiale si disputa al Salzburg e lo vedrà terminare secondo nelle 250. In questo spazio ci sarà lo stop del TT dove non si presentò al via per protesta contro la pericolosità del circuito dichiarando “non voglio morire”. Questo stop e il ritiro patito sul circuito di Abbazia comprometteranno l’esito del campionato della classe 350 che lo vedrà comunque terminare secondo alle spalle di Agostini. Nella 250 invece le cose girano al meglio e riesce a imporsi in maniera totale sugli avversari mostrando una superiorità disarmante. Nel GP del Belgio infligge un distacco di oltre 26’’ a Read e Gould che arrivano in volata, la settimana gara al Sachsering relegò a oltre 14’’ l’Aermacchi di Pasolini, nel GP di Cecoslovacchia 41’’ sempre a Pasolini stabilendo un nuovo record sul giro di 5 secondi inferiore rispetto a quello di Hailwood che resisteva da tempo. La vittoriosa cavalcata si concluderà nella sua terra, a Imatra ancora trionfantore relegando Grassetti secondo al traguardo a 41″.
Il primo alloro sarà purtroppo ultimo di Jarno. Un mondiale che avrebbe potuto essere il primo di un lungo elenco perché Jarno nella sua brevissima carriera oltre ad aver vinto prestigiose corse Internazionali nel motomondiale salì 15 volte sul gradino più alto e conquistò di 32 podi in soli 48 Gran Premi disputati. Considerando che l’inizio della carriera fu effettuato con una moto superprivata e allora i ritiri causa guasti erano frequenti la media è spaventosa.
E’ per questi numeri che a quel 1 sarebbe potuto seguire uno zero, facendolo diventare un pluricampione del mondo, in grado di vincere anche10 titoli mondiali, perché nelle corde di Jarno c’erano queste possibilità, un traguardo tutt’altro che irreale, anche se forse lui avrebbe smesso prima, dedicandosi al suo primo grande sogno: la progettazione di moto. Un mondiale che rimase tuttavia unico a causa del giorno più brutto di tutta la storia del motociclismo.
Prima dell’inizio di quella drammatica stagione 1973 è bene sottolineare che Jarno regalò emozioni incredibili a tutti i suoi tifosi, a Silverstone (gara non in calendario nel mondiale) realizzò una tripletta e segnando un nuovo primato per la pista e a Pesaro dove scrisse una delle pagine più emozionanti del nostro sport. Sul tracciato cittadino di Villa Fastiggi, la Benelli gli offrì di gareggiare con le due quattro cilindri 350 e 500 (lui che aveva sempre guidato solo 2 tempi) con l’ambizione di legarsi al campione per la stagione successiva, cosa che non andò in porto per il tentennamento da parte della casa italiana. Quella gara, avvenuta nell’agosto di quell’anno, sarà ricordata per gli amanti delle due ruote per’incredibile tripletta da parte del finlandese volante: nella 250 su Yamaha e nella 350 e nella 500 su Benelli, battendo avversari del calibro di Pasolini ed Agostini. In tale occasione non fu tanto il risultato ma l’incredibile modo di ottenerlo, giudò una moto provata in una sola occasione su un asfalto bagnato prendendo rischi ai limiti dell’incoscienza: chi c’era racconta che vederlo entrare nel curvone dopo il traguardo era come assistere spettatori impotenti al tentativo di suicidio di uno che sta per buttarsi dalla finestra.
Ma non fu per questo che la sua carriera e la sua vita si interruppero, perché Jarno sapeva fin dove spingersi e fin dove osare, il 20 maggio 1973 all’apice della sua carriera sportiva fu una moto sparata a velocità folle a mezz’aria a piombargli addosso improvvisamente, non il mancato controllo o l’aver osato fin oltre i limiti, a portarlo nel regno dei miti.
L’anno era iniziato al meglio: vittoria alle 200 miglia di Daytona ed Imola ottenute con una Yamaha 350 contro avversari alla guida di moto con prestazioni superiori alla sua (erano iscritte anche le 750). Nel motomondiale la Yamaha decise di intervenire direttamente supportando il campionissimo finlandese e puntando alla classe regina con l’intento di spodestare il regno MV-Agostini. Jarno aveva un grande obiettivo essere il primo pilota nella storia a vincere i tre titoli delle principali cilindrate 250-350 e 500, per far questo doveva studiare a tavolino in quali gare iscriversi a causa del regolamento che vietava ad un pilota di compiere più di 500 km complessivi. Allora il campionato prevedeva di sommare i migliori 7 risultati scartando gli altri.
L’inizio di campionato fu folgorante, Jarno sembrava imbattibile: 5 vittorie nelle prime 3 gare disputate (3 in 250 e 2 in 500, che sarebbero state 3 se non ci fosse stata la rottura della catena di trasmissione ad Hockenheim quando era in lotta con Read a pochi giri dalla fine). Da segnalare un primato raggiunto da Jarno: vincere al debutto nella classe 500, in un tracciato esclusivo come quello del Nürburgring poi. Poi arriverà la quarta tappa, la fine di tutto: 20 maggio 1973, Gran Premio delle Nazioni, autodromo di Monza, primo giro classe 250 curvone dopo la partenza.
E’ il via della classe 250, Jarno avrebbe dovuto partecipare alla 350 ma non fece in tempo ad iscriversi. La direzione non ascoltò le segnalazione di diversi piloti che gareggiarono nella precedente corsa della 350 che riferirono che in pista c’era dell’olio.
Poco dopo la partenza Pasolini cadde, quasi certamente a causa di quell’olio, la sua moto dopo aver urtato il guard-rail ripiombò nel circuito colpendo in pieno Saarinen. I piloti che sopraggiunsero si trovarono di fronte ad uno scenario drammatico, uno di loro non riuscì ad evitare il corpo di Pasolini che era sull’asfalto e venne investito. Da allora e per sempre i due campioni saranno legati l’uno all’altro: Renzo e Jarno. Due piloti diversi ma due animi uguali, nobili d’animo in grado di trasmettere emozioni bellissime.
Campioni che rappresentano ancora oggi quegli ideali legati alla gente, ad un modo “sano” di vivere uno sport. Con la loro scomparsa è mancato il pezzo più bello del nostro sport.Come un adulto ripensa alla propria infanzia come al momento più bello e il rimpianto perchè non tornerà più, così ripensiamo a Jarno e Renzo, come al momento più bello e pulito del nostro sport ed è forse per questo che a quasi quarant’anni la loro mancanza è così tangibile e non potrà mai essere sanata.
E ancora dopo così tanti anni sentiamo la mancanza di Jarno e Renzo due eroi sfortunati diventati miti loro malgrado…
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